Il PNRR (Piano nazionale di Ripresa e Resilienza) è il documento che ciascuno Stato membro dell’Unione deve predisporre per poter accedere ai fondi del Next Generation EU (NGEU), lo strumento introdotto in sede europea per la ripresa post pandemia Covid-19, rilanciando l’economia degli Stati membri e rendendola più digitale e più verde.
Il NGEU è un pacchetto da 750 miliardi di euro, costituito da prestiti e sovvenzioni, la cui componente principale è il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (Recovery and Resilience Facility, RRF), che ha una durata di sei anni, dal 2021 al 2026, e volume di risorse totali di 672,5 miliardi di euro (312,5 sovvenzioni, i restanti 360 miliardi prestiti a tassi agevolati).
Il Piano di Ripresa e Resilienza presentato dall’Italia, Italia Domani, è il piano presentato dal Governo italiano alla Commissione europea e consta di un coerente pacchetto di riforme, a cui sono allocate risorse per 191,5 miliardi di euro finanziati attraverso il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e per 30,6 miliardi attraverso il Fondo complementare istituito con il Decreto Legge n.59 del 6 maggio 2021 a valere sullo scostamento pluriennale di bilancio approvato nel Consiglio dei ministri del 15 aprile.
Questo pacchetto di riforme rappresenta un’occasione storica per il nostro Paese, che può arrivare finalmente ad affrontare e risolvere problemi e gap strutturali come la lentezza e l’inefficienza burocratica del sistema amministrativo e della giustizia, l’arretratezza nelle competenze e nell’infrastrutturazione digitale, l’avvio di una decisa transizione ecologica.
Proprio a partire dalle esigenze di messa a terra e concretizzazione di questi obiettivi storici, ritorna di stringente attualità la riflessione di Carlo Russo sul ruolo e l’importanza di una corretta strutturazione del Cda.
Appare del tutto evidente, come evidenzia il manager fiorentino, che la guida strategica di questo immane e cruciale processo deve essere assunta e investire tutto il nostro sistema socioeconomico, costituito, come sappiamo, prevalentemente da piccole e medie imprese. Quest’ultime, nella maggior parte dei casi, non possiedono la cultura e le risorse necessarie per gestire e intraprendere un reale mutamento, come richiesto dalle sfide del presente.
Diventa di fondamentale importanza, in questo senso, il contributo di figure professionali esperte, che guidino queste realtà aziendali, consentendo loro di intercettare le opportunità offerte dal PNRR.
Di strategica rilevanza sarà l’intensificazione di una fattiva collaborazione tra settore pubblico e privato, in modo da rendere il PNRR, come ha affermato Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, una risorsa per tutti gli italiani.
Nel concreto, osserva Carlo Russo, il Cda può agevolare la diffusione di strumenti e informazioni utili per intercettare le opportunità del PNRR, elaborando e presentando progetti, individuando risorse finanziarie.
Il passaggio alla fase di messa a terra richiede grande attenzione poiché potrebbe rivelarsi rischioso. I prossimi 5 anni l’Italia verrà investita da una vera e propria rivoluzione, che deve vedere le imprese protagoniste del cambiamento. Come riportato da EY, per l’Italia, primo beneficiario dei fondi del Next Generation EU, si valuta un impatto delle misure del PNRR fino al +3,6% nel 2026 sul PIL.
Inutile dirlo, saranno richieste grandi capacità di gestione dei processi interni manageriali, doti manageriali, di leadership e di costruzione del consenso in direzione di obiettivi verso i quali motivare i manager.
Indubbiamente, come sottolinea Russo, il PNRR incarna una eccezionale occasione di sviluppo per le imprese, la cui sopravvivenza oggi dipende dalla visibilità e dalla capacità di mantenere alti standard comunicativi, a tutti i livelli sia esterni che interni.
Il Piano di rilancio si struttura attorno a tre macroaree di intervento che sono:
digitalizzazione e innovazione
transizione ecologica
inclusione sociale
In favore delle imprese viene ripartito18,7% della dotazione complessiva del Piano in forma di “incentivi e crediti di imposta alle imprese”. Si tratta della seconda voce di spesa in assoluto subito dopo il 32,6% di investimenti previsti per “lavori di costruzione e opere di edilizia civile”.
Le finalità perseguite da questi ingenti investimenti sono:
Ridurre l’impatto sociale ed economico della pandemia
Migliorare la resilienza e la capacità di ripresa dell’Italia
Sviluppare il potenziale di crescita dell’economia e creare occupazione
Sostenere la transizione verde e la trasformazione digitale
Coerentemente con questi obiettivi sono state individuate 6 missioni di azione (aree tematiche principali su cui intervenire, individuate in piena coerenza con i 6 pilastri del Next Generation EU): Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo; Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica; Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile; Istruzione e Ricerca; Inclusione e Coesione; Salute.
Il PNRR italiano prevede 151 Investimenti all’interno delle diverse Componenti delle sei Missioni. Obiettivo degli investimenti è rilanciare la produttività del Paese e la crescita dell’economia italiana, per renderla più digitale, dinamica, sostenibile e inclusiva.
Proprio per far fronte all’immane impegno in termini di innovazione e progettualità, sottolinea Carlo Russo, si impone la necessità di agevolare un salto qualitativo sul piano della preparazione e della competenza del consiglio di amministrazione.
Bisogna considerare che, nel caso del nostro Paese, caratterizzato da un importante settore manifatturiero e da un’economia con uno spiccato orientamento all’export, la sfida della modernizzazione e dell’innovazione è davvero cruciale.
La prima Missione del PNRR, in particolare, si concentra sul rilancio della produttività del Sistema Paese attraverso le leve strategiche dell’innovazione e della digitalizzazione nei settori della Pubblica Amministrazione, nella Cultura e nel Turismo e in generale nel sistema produttivo italiano, con uno stanziamento totale di circa 40 miliardi di euro.
Gli interventi per le PMI riguarderanno l’internazionalizzazione, per favorire la diffusione del Made in Italy all’estero e il rafforzamento delle filiere produttive più innovative/strategiche.
La finalità è quella di sostenere l’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, agendo sui servizi offerti dal Fondo 394/81, che eroga prestiti agevolati e contributi a favore delle imprese italiane che operano sui mercati internazionali, inclusi i Paesi membri dell’Unione Europea, attraverso un ampliamento delle risorse finanziarie disponibili per il Fondo.
I consigli di amministrazione e i consulenti indipendenti che operano al loto interno, sulla base di una competenza specifica, che garantisce una conoscenza puntuale delle best practices, del mercato, del know-how industriale e di una visione strategica a medio lungo termine, sono in grado di assicurare un “ecosistema” produttivo più competitivo e integrato e composto da molteplici attori di diversa dimensione che investano, condividendo visione e obiettivi.
Dopo questa lunga disamina, del quadro di riferimento, Carlo Russo avanza delle conclusioni, affermando che il concetto che i consigli siano esclusivamente impegnati nello sviluppo e nella supervisione dell’esecuzione della strategia aziendale è ormai ampiamente superato, in quanto, oggi, essi devono essere attivamente coinvolti nell’interpretazione di dinamiche di mercato complesse e nell’ideazione di una visione strategica del futuro dell’azienda.
In questo modo, i Cda possono rappresentare una risorsa preziosa di esperienza strategica e di leadership a cui CEO possono e devono attingere.
La governance, prosegue Russo, rappresenta il mezzo attraverso il quale si assumono le decisioni in merito alla distribuzione delle risorse e sulla tolleranza al rischio. Si tratta di sistemi che si riscontrano nelle organizzazioni, come nei paesi e financo nelle famiglie: ovunque si pongano questioni relative a come dividere o distribuire risorse o dove ci sia più di un consumatore, c’è governance. L’aspetto decisivo è stabilire “chi” ottiene “cosa” e in vista del raggiungimento di quale “scopo”.
Evidenzia Carlo Russo, che si afferma ormai l’inderogabile necessità che i direttori dei Cda facciano propri questi concetti, perché solo in questo modo possono guidare le società, assumendosene pienamente la responsabilità, generando valore a lungo termine e possono essere in grado di guidare, con coraggio, le loro aziende verso un futuro migliore e sostenibile.
Nella maggior parte dei casi, i board non si posizionano in modo spontaneo alla testa di questo cambiamento, ma, se messi a frutto nel modo giusto, essi possono superare il mero ruolo di supervisione, per configurarsi come una significativa risorsa strategica, anche per la realizzazione del PNRR.