L’approccio identificato quale forma di investimento diretto rappresenta con ogni probabilità la forma ottimale e più efficiente in presenza di strategie di tipo market seeking, vale a di re nel caso in cui ci sia esigenza di realizzare la produzione in prossimità del mercato e si intenda esercitare su di esso il massimo presidio, o in caso di strategie finalizzate alla delocalizzazione produttiva, nel caso in cui s intenda esercitare uno controllo puntuale sulle lavorazioni e limitare il rischio di comportamenti opportunistici. A queste prime eventualità occorre aggiungere anche il caso di strategie che abbiano l’obiettivo di conseguire un trasferimento (mono o bi-direzionale) di tecnologie e competenze, quando le conoscenze da trasferire sono non codificate, tacite, portate dal personale e dalle organizzazioni sulla base di un accumulo pluriennale di esperienza (knowhow, best practices ecc.) e infine in presenza di strategie con un alto grado di complessità, che prevedono la combinazione di diverse opzioni strategiche tra quelle appena illustrate.
Gli accordi produttivi (per esempio, Tpp, subfornitura) permettono la delocalizzazione di fasi specifiche del processo produttivo o la produzione di componenti e sottosistemi in vista di un efficientamento del processo produttivo a livello globale, nel caso in cui i requisiti in termini di tempi di consegna e qualità non siano talmente incalzanti da rendere necessario un coinvolgimento diretto dell’impresa. Una particolare opportunità è da ravvisare nelle norme finalizzate al presidio della sicurezza dei prodotti e/o dell’etichettatura (come nel caso, ad esempio, del “made in Italy”). Gli accordi di trasferimento di tecnologie e know-how ampliano significativamente le possibilità di remunerazione delle competenze accumulate dall’impresa, permettendo allo stesso tempo di approcciare mercati secondari e/o caratterizzati da barriere all’entrata elevate, in altre parole permettono l’ottimizzazione di impianti aziendali che hanno già concluso il proprio ciclo mercantile all’interno di mercati più maturi.
La stipula di accordi commerciali (per esempio, concessionario, rivenditore, agente) offre l’opportunità di muovere i primi passi sui mercati esteri e può identificare una soluzione stabile per sfidare mercati secondari o aventi caratteristiche precipue (barriere all’entrata, rischio- paese ecc.), che rendono altre forme di presenza troppo difficilmente praticabili, se non rischiose. Nell’ambito degli accordi di natura commerciale, appare utile concentrarsi su sistemi giuridici sovranazionali, che possono rendere vantaggiose architetture dove uno dei paesi fa da perno per l’intera area (ad esempio, Singapore per l’Asean). Temi aziendali e di prodotto obbligano ad entrare nelle peculiarità dei mercati di destinazione, in molti casi contraddistinte da temi di prassi tutt’altro che trascurabili. Un ruolo di primo piano all’interno della vasta categoria degli accordi commerciali sta assumendo con sempre maggiore evidenza il commercio elettronico, favorito dal grande sviluppo delle piattaforme web. Basti citare a tal proposito il ruolo e il peso che hanno raggiunto negli ultimi anni realtà come Amazon o Alibaba, solo per citare i più noti.