I numerosi casi di successo di aziende italiane all’estero dovrebbe essere la prova evidente delle straordinarie potenzialità di sviluppo e business che i mercati internazionali possono offrire alle nostre PMI, nondimeno ancora troppe aziende italiane mostrano diffidenza e scarsa propensione a cogliere tali opportunità. Come osserva Carlo Russo, professionista con esperienza nei mercati internazionali e Direttore Internazionale di una importante azienda toscana, questo atteggiamento può essere spiegato solo in parte con la paura del fallimento nell’espandersi all’estero e si possono individuare altri elementi strutturali mancanti nelle PMI.
In primo luogo, esiste un significativo divario di conoscenze che paralizza il management, genera resistenza nei confronti del cambiamento e favorisce l’inerzia. Di contro, esiste una significativa domanda di servizi per l’internazionalizzazione e i mercati esteri. Intraprendere un percorso di crescita estero è una grande opportunità, ma solo se gestito nella maniera più opportuna. L’elemento chiave per una corretta gestione è il know-how, non la conoscenza.
In merito al processo di internazionalizzazione esistono dei falsi miti che l’argomentazione di Russo permette di disinnescare. Il primo riguarda l’idea che per andare all’estero bisogna avere alle spalle una struttura aziendale di una certa dimensione. Per quanto il fatto di essere grandi possa svolgere, in alcuni casi, una funzione facilitatrice, non rappresenta un requisito indispensabile. Al contrario, si possono verificare condizioni che traducono il fatto di essere grandi in un elemento di ostacolo, poiché aziende di dimensioni importanti possono mostrare minore agilità e flessibilità e un maggiore attaccamento a tradizioni e assetti consolidati.
Altro pregiudizio assai radicato è l’elemento di rischio ineludibilmente connesso ai mercati internazionali. In realtà, gli investimenti all’interno di un nuovo mercato possono essere decisamente inferiori rispetto a quelli di casa, anche perché spesso condivisi in una partnership o in una joint venture. Il prodotto può essere commercializzato ad un prezzo doppio, come può accadere nel caso di un mercato emergente. Un nuovo mercato, come può essere, ad esempio l’Asia, offre l’opportunità di rivolgersi a milioni di nuovi clienti, agevolando economia di scala e aiutando a costruire dimensioni.
Il terso falso mito è legato alla convinzione che si possa diventare internazionali in un mercato alla volta. Anche qui, Carlo Russo, fa notare che l’aspetto fondamentale è rappresentato dalla capacità di individuare il mercato giusto per il business e prepararsi, come dimostrano i numerosi esempi di imprese internazionali di successo, che si sono espanse in più aree geografiche contemporaneamente.
La questione centrale è rappresentata dalla necessità di svolgere, in via preliminare, una analisi che consenta di preparare al meglio le condizioni per affrontare i mercati globali. Una analisi accurata è il primo e più importante passo, che crea una internazionalizzazione vincente ed evita di incappare in errori in corso d’opera, che potrebbero rivelarsi fatali.
Gli elementi che occorre vagliare con attenzione sono: l’azienda, il mercato, la cultura e i rischi. Carlo Russo ricorda il caso concreto di un suo cliente, produttore di valvole per impianti di estrazione di Oil&Gas, con il quale, dopo un’attenta analisi, decise di approcciare in primo momento il mercato dell’Uzbekistan per avere modo di fare esperienza, evitando di arrivare direttamente in quello Russo, molto più grande e competitivo. Questa decisione ha consentito al cliente di “farsi le ossa” e avere un’esperienza ponte in un sistema più piccolo e semplice.
Un elemento critico che si può individuare in numerose aziende di tipo familiare e PMI è l’assenza di un piano formale per la internazionalizzazione. Si preferisce una gestione su base giornaliera che costringe ad intervenire costantemente per affrontate improvvise crisi o per correggere errori che emergono in itinere. Questo modo di procedere non è proattivo e fornisce un vantaggio ai concorrenti.
Il piano strategico internazionale deve avere come obiettivo non la semplice presenza nel mercato, ma la penetrazione in esso che possa garantire un contributo rilevante alle prestazioni aziendali.
I tre requisiti evidenziati da Carlo Russo per la costruzione di un piano di internazionalizzazione di successo sono:
l’adozione della più efficiente configurazione e del migliore insieme di politiche e regole di gestione aziendale;
strutturazione di un organo di gestione delle PMI, non più di tipo padronale e unipersonale, ma nella forma di un CdA;
inserimento di profili professionali imprescindibili per il successo sostenibile dell’azienda, selezionati in virtù di una corretta valutazione del business e dei suoi requisiti (Board Evaluation).
Solo a partire da questi presupposti si può parlare di una “governance della internazionalizzazione”.
Una adeguata governance familiare e aziendale dotata dei necessari strumenti, in primo luogo di un consiglio di amministrazione che preveda la presenza di esperti di internazionalizzazione, è in grado di professionalizzare l’azienda di famiglia, facendola diventare più produttiva e preparata per il successo futuro.
Carlo Russo passa poi ad elencare l’articolazione specifica di un piano di internazionalizzazione secondo i seguenti punti:
Individuare le priorità. La domanda preliminare e decisiva che bisogna porsi è: in quali mercati entrare per primi? La risposta passa attraverso la considerazione di una pluralità di fattori, come panorama competitivo, tendenze del settore, preferenze di gestione ecc. Un altro elemento di valutazione imprescindibile è la crescita economica. Ad esempio, i mercati emergenti appaiono attualmente caratterizzati da una inedita espansione economica. Fra questi, su quali è opportuno orientarsi per primi?
Classificare i mercati: produttività, dimensioni e ricchezza rappresentano altrettanti parametri di riferimento, utili per classificare i diversi paesi e comprenderli nello loro dinamiche di mercato.
Delineare un approccio strategico su misura per il mercato di riferimento
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