La progettazione e la pianificazione di un investimento all’estero possono avvenire sulla base di diversi approcci possibili. Le variabili che entrano in gioco nell’orientare le decisioni in tema sono essenzialmente: la possibilità di conseguire una immediata operatività ovvero l’accesso diretto al mercato, l’opportunità di una rete commerciale, un nome di fabbrica, un marchio già avviato, la possibilità di inglobare competenze e risorse chiave-strategiche (come impianti produttivi, tecnologie, rete commerciale, knowhow ecc.), assenti o che integrino l’attuale sistema produttivo aziendale, la possibilità di sfruttare i punti di forza dell’impresa acquisita per sviluppare nuovi prodotti o servizi, l’eliminazione di un concorrente attraverso l’acquisizione o la stipula di accordi di collaborazione con lo stesso, la possibilità di avvantaggiarsi dei benefici generati da effetti sinergici, la capacità di portare a termine l’operazione in un determinato arco temporale, l’ammontare dei costi e dell’impegno finanziario sostenibile, l’eventuale esigenza di interventi di ristrutturazione e la necessità di integrare culture aziendali diverse. Come risaputo, nella maggior parte dei casi si tratta quindi di valutare ipotesi di delocalizzazione produttiva e/o di terziarizzazione commerciale. Vediamo in concreto quali sono le possibili modalità di approccio ad un processo di internazionalizzazione.
Con greenfield si intende un tipo di investimento estero diretto (IDE), in molti casi di una società multinazionale, con cui si intende creare una filiale in un paese straniero, costruendo una nuova impresa da zero. Con questa scelta, come appare ovvio, viene meno la possibilità di un’operatività immediata e ci si deve assumere l’onere di investimenti in attività market making per aprire delle vie di accesso al mercato locale (realizzazione di una rete commerciale e di assistenza, lancio del marchio, costruzione della reputazione ecc.).
Tra i vantaggi offerti da questo approccio vi è sicuramente la possibilità di ideare-configurare la struttura aziendale sulla base delle proprie specifiche esigenze e di sfruttare i vantaggi competitivi propri della casa-madre. Inoltre, vi è l’opportunità di dilazionare nel tempo i costi e l’impegno finanziario richiesto, in relazione alla gradualità della crescita. Un ulteriore elemento positivo si indentifica con l’immediato elevato grado di omogeneità culturale con la casa-madre, che assicura una minore rischiosità ed elimina la necessità di particolari processi di integrazione o di creazione di una cultura uniforme, obbligatori in presenza di processi di fusione o acquisizione ai fini di una effettiva creazione di valore e di una buona riuscita del processo di internazionalizzazione.
Una strategia alternativa in tema di internazionalizzazione consiste nello sviluppo di accordi di cooperazione con terzi. I fattori di criticità riscontrabili in questo approccio sono: controllo e monitoraggio dei comportamenti e delle prestazioni, in quanto la distanza e l’ambiente non famigliare riducono i margini di osservazione sul comportamento del partner; la stabilità e la solidità della relazione nel lungo periodo, raggiungibile per mezzo di previsione e implementazione di meccanismi di deterrenza contro comportamenti opportunistici e di soluzioni flessibili che permettano la rinegoziazione o la risoluzione dei vincoli contrattuali; la realizzazione di rapporti di fiducia reciproca, sulla base di una assunzione certa e irreversibile di impegni e la volontà comprovata di collaborare per la massimizzazione del vantaggio reciproco.
È utile sottolineare come all’interno di questo approccio si possano ricomprendere numerose soluzioni di internazionalizzazione dei processi e come, di questi tempi, in vista di una migliore competizione dei “marchi”, questi accordi abbiano raggiunto una certa importanza, grazie alla flessibilità operativa e alla possibilità di conseguire soluzioni “su misura”.
Un approccio diametralmente opposto all’investimento greenfields è il conseguimento di operazioni di acquisizione diretta di unità operative (società o rami d’azienda) aventi o meno piena autonomia giuridica. Gli aspetti di differenziazione più rilevanti rispetto alla prima soluzione elencata sono rappresentati dallo stanziamento iniziale di risorse per l’acquisizione di un’organizzazione di mezzi e risorse già esistente, e dalla possibilità di definire con maggior esattezza l’entità dell’investimento finanziario, che può essere identificato in maniera precisa in base al prezzo di acquisizione, rispetto al più elevato grado di aleatorietà relativo all’investimento complessivo caratterizzante lo sviluppo e l’implementazione di nuove attività. A questo, si devono aggiungere le difficoltà maggiori nella determinazione e gestione di piani utili all’integrazione dei sistemi aziendali dell’acquirente e di quello del business acquisito e di realizzazione di una cultura aziendale omogenea, la difficoltà di operazioni di cambio manageriale e ristrutturazione interna dell’azienda acquista
L’acquisizione di una operatività immediata sul mercato estero rappresenta sicuramente l’indubbio vantaggio di questa opzione, accompagnato dalla possibilità di imporre dall’alto le scelte e le politiche gestionali e organizzative. Questa opzione notoriamente richiede ingenti capacità organizzative e il supporto di professionalità altamente qualificate, anche con il compito di misurare e delimitare i rischi che l’acquisizione può ingenerare.