Carlo Russo nel suo volume Internazionalizzazione vincente, dopo aver illustrato i primi passi delle imprese italiane oltreconfine e delineato lo sviluppo del sistema bancario e delle istituzioni italiane all’estero, procede con la disamina delle vicende dei mercati internazionali e dell’approccio ad essi da parte delle nostre PMI negli anni 2000, mostrando come, a partire da quel momento, sia cambiato tutto. Il tradizionale modello padronale riassunto dall’adagio “Ghe Pensi Mi” è ormai tramontato. Un numero consistente dei sei milioni di Partite Iva, il 95% appartenenti a PMI con meno di 15 dipendenti, sono andate incontro ad una profonda crisi e alla chiusura, in virtù di un mutato quadro economico mondiale generato da alcuni decisivi fattori.
Il primo di questi, fattori fa notare Carlo Russo, è rappresentato dal protagonismo della Cina, la quale cresceva ininterrottamente dal 1985 a tassi del 9% annuo, dopo la prima famosa partita a ping pong di Kissinger, che mise fine all’isolamento del Partito Comunista Cinese e dell’era post Mao Tse-Tung. A partire dagli anni ’90, i Cinesi avevano imparato a copiare in maniera fedele le produzioni occidentali, proponendole sul mercato con qualità accettabile e a prezzi estremamente concorrenziali. Oltre alla Cina, era scesa in campo anche la Corea a seguito della rivoluzione tecnologica e industriale finanziata dagli USA, dopo la Guerra di Korea. Insieme ai grandi marchi cinesi, il mondo fu invaso dagli elettrodomestici, dalla auto e dall’elettronica coreana. Come ricorda Russo, la domanda di acciaio da parte della Cina e della Corea era tale che dall’Italia venivano inviate navi cariche di rotaie ferroviarie, dismesse e sostituite da quelle più moderne dell’alta velocità, che, una volta giunte a destinazione, venivano rilaminate, fuse e trasformate in quei prodotti che poi finivano sui nostri mercati.
Samsung e Lg diventarono dei giganti mondiali. Imprese nostrane come Merloni e Candy tentarono di resistere, puntando su tradizione e qualità, ma ben presto andarono fuori mercato allorché si scontrarono con l’elettronica integrata e multifunzione dei coreani. Naturalmente a pagare un prezzo altissimo alla nuova congiuntura economica non furono solo Merloni e Candy. Ad essere trascinato nella crisi fu anche tutto l’indotto, com’era già accaduto nel caso della Fiat, o di altre produzioni più piccole, ma prestigiose per design, come la Alessi. Scomparvero, nel giro di breve tempo, interi distretti, come Verbano Cusio Ossola che produceva minuteria metallica per Alessi e simili. Una grossa crisi conobbero anche gli stabilimenti del bresciano per pentole, rubinetti e moka da caffè.
Negli 2000 molti di questi marchi furono oggetto di acquisizioni da parte di aziende straniere. La ragione principale di questo, come sottolinea Carlo Russo, è da ricercare nella incapacità di prevedere i movimenti dei mercati internazionali e in una errata politica d’internazionalizzazione da parte di queste aziende. Un altro fattore decisivo per l’innesco della crisi delle aziende italiane tra il 2007 e il 2008, fu l’innalzamento del prezzo del petrolio a livelli mai raggiunti prima ed il deciso apprezzamento dell’Euro rispetto al Dollaro USA, che favoriva l’importazione dagli USA e non dall’Europa. Fino a quegli anni, cambio Euro/Dollaro Usa e costo del petrolio erano considerate delle variabili improbabili e del tutto trascurate come eventi rischiosi da mitigare a livello di pianificazione. La combinazione di entrambe le congiunture fece sì che le PMI italiane si ritrovassero a pagare un prezzo elevatissimo per le materie prime derivate dal petrolio o comunque prodotte con un forte consumo di energia, come acciaio, alluminio, plastiche, ecc. materie sul cui prezzo gravava anche, in caso di importazione, l’aumentato del costo di trasporto via nave o via aereo, in ragione del maggior costo del carburante. Giunte in aziende le materie, la PMI doveva trasformarle con un costo del lavoro e una rigidità occupazionale tra le più alte in Europa e nel mondo. Realizzati i prodotti, vi era la necessità di confezionarli con del materiale da imballaggio (Packaging) che, in quanto derivante dal petrolio, aveva raggiunto un costo molto più elevato. Dopo il confezionamento e l’imballaggio, la PMI doveva esportare le merci con costi di trasporto più alti, proprio a causa del maggiore costo del carburante. Infine, last but not least, si dovevano rivendere le merci sui mercati internazionali con il più sfavorevole cambio Euro/Dollaro di quegli anni.
Riprendendo l’efficace metafora calcistica proposta da Carlo Russo in conclusione di questo paragrafo del suo libro: “era come se la squadra dell’oratorio a 11 giocatori di un paese di provincia italiana, si trovasse a sostenere una partita di calcio, contro una squadra composta da 66 giocatori appartenenti ad alcune squadre messe insieme, come Real Madrid, Barcellona, Bayer Monaco, Manchester United, Liverpool, e Paris St. Germain. Alla squadra di calcio dell’oratorio italiano, era sufficiente dare un’occhiata alla squadra in campo, per decidere di rientrare subito negli spogliatoi, senza neanche dare il calcio di inizio”.